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Nutrire è un atto esclusivamente femminile. Nella lingua italiana esiste soltanto la nutrice, non il "nutore", così come c'è la balia ma non il "balio". Per una donna, quello dell'alimentazione è una sorta di codice genetico che si tramanda da millenni. Quando gli uomini si sono affacciati al mondo dell'alta gastronomia, hanno adottato il titolo di chef, ovvero "capo" in francese. Un bel salto di qualità rispetto a chi, come le cuoche, fa semplicemente da mangiare. Tuttavia, sono sempre donne le vere artefici del piacere a tavola. Donne che, con dolcezza e intransigenza, curano la qualità assoluta dei cibi, ricercano sapori antichi e nuovi. Lo dimostra questa galleria di ritratti di venti grandi signore del gusto. Madri e nonne, single e sposate, hanno coltivato spesso nell'ombra ma con passione inesorabile ciascuna la propria vocazione, chi per il vino, chi per il Parmigiano Reggiano, chi per l'accoglienza e la ristorazione. Come Annie Féolde che, giunta molti anni fa dalla Francia in Toscana per fare la ragazza alla pari, fu lasciata sulla strada dalla facoltosa famiglia di Fiesole che l'aveva chiamata, ma reagì con tanta forza e talento da diventare, qualche anno dopo, l'anima dell'Enoteca Pinchiorri. Oppure come Margherita Mastromauro che ha saputo conciliare la passione per il pastificio di famiglia e per la politica. O ancora come José Rallo, prima donna alla guida dell'azienda vinicola Donnafugata, che ha sposato l'amore per il vino con quello per la musica.